Un recente studio sulle condizioni di mercato di 5 Stati membri dell’Unione europea (Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Svezia) ha individuato quello tedesco come il mercato migliore per la commercializzazione dei biosimili. All’Italia, il triste primato dell’ultimo posto.
A partire dal 2005, l’Unione europea si è dotata di un sistema regolatorio comune per la regolamentazione di questi prodotti ma le differenze nei rimborsi e negli incentivi, nonché nella pratica medica e clinica, hanno determinato una situazione molto varia.
Al contrario di quanto proposto, ad esempio, negli Stati Uniti, le procedure europee per i biosimili non ne valutano l’intercambiabilità, lasciando aperta la questione della sostituibilità da parte delle farmacie. Al momento, nessuno Stato membro consente la sostituzione dei biosimili; la Francia lo ha addirittura espressamente proibito.
La Germania appare dunque come l’unico stato che abbia “abbracciato” con fervore una politica dei biosimili, creando un sistema di prezzi di riferimento, specifici obiettivi regionali e quote per i medici, nonché fondi in favore di particolari patologie. Inoltre è il principale produttore di biosimili in Europa.
La Gran Bretagna è al secondo posto, con la sua lunga tradizione di uso dei generici e prezzi di lancia abbastanza elevati, tuttavia il consumo di biosimili è ancora basso. La Francia sembra limitata da un sistema di regolamentazione dei prezzi molto severo, con sconti obbligatori per i biosimili, ma il volume di vendite è molto elevato, mentre la Svezia presenta i prezzi ex-fabrica più elevati d’Europa e un sistema di prezzi decentrato, gestito a livello locale, che ne fanno un mercato attraente.
Fanalino di coda l’Italia, che con l’obbligo di sconto fino ad oltre il 20% e i prezzi più regolamentati d’Europa, è tra i 5 paesi il mercato meno favorevole per i biosimili.