In arrivo per i dispositivi medici statunitensi il sistema identificativo unico (UDI) e già i produttori si interrogano sulle modalità per meglio ottemperare alla nuova normativa.
Il codice va richiesto a tre agenzie accreditate presso la FDA. È composto da un numero indentificato univoco per l’azienda e da un numero univoco assegnato a ciascuna versione o modello del dispositivo. Può inoltre comprendere ulteriori numeri che identificano la produzione e fanno riferimento al numero di lotto o alla data di scadenza. Una volta assegnato, il numero viene inserito in uno speciale database (GUDID). L’account al database viene concesso dall’FDA su richiesta da parte dell’azienda ed è per il momento riservato ai dispositivi di Classe III.
Il codice dovrà essere riportato su tutti i confezionamenti utilizzati fino alla spedizione; non è invece necessario sulle scatole o sui pallet. L’importante è che sia disposizione dell’utilizzatore in tutte le fasi di utilizzo del dispositivo. Un cartono contenente 10 unità da posizionare su uno scaffale deve avere il codice UDI, così come le singole unità utilizzate dal paziente. Inoltre, non richiede l’utilizzo di uno specifico codice a barre in quanto la tecnologia utilizzata è in grado di leggere qualsiasi tipo di codice.
Naturalmente la presenza dell’UDI da sola non basta. Ai produttori è richiesto di aggiornare il sistema di gestione qualità per includere tutti gli obblighi derivanti dall’apposizione del codice, ad esempio per quanto riguarda le modifiche all’etichettatura. Inoltre, anche la gestione dei reclami e delle segnalazioni di eventi avversi dovranno tenerlo in considerazione.